martedì 25 marzo 2008

Bocce


Massimo non era un mio amico. Era invece l'amico - non ho mai capito se il migliore - del mio compagno di banco alle superiori.
Lo conoscevo nel modo in cui si conoscono tutti i ragazzi in un piccolo paese: ricordi la sezione che frequentava il tale alle elementari e poi alle medie, sapevi che scuola stava facendo, se giocava o meno a calcio...
Ma Massimo non andava per niente bene a scuola e non era proprio versato negli sport, al contrario di quasi tutti noi che, pur secchioni, giocavamo a calcio dal primo al tardo pomeriggio.
Solo più tardi capii in che modo Massimo passasse i suoi pomeriggi: leggeva fumetti. Tonnellate di fumetti. Fumetti porno.
Massimo era un vero cultore del genere e della sua collezione si favoleggiava fra noi adolescenti.
I fumetti porno, comunque, possono anche essere divertenti, ma - si sa, come si dice dalle mie parti - a forza di mangiare cappelletti ti viene anche voglia di due spaghetti... E fu dopo qualche anno che Massimo passò a leggere anche altro. Tonnellate di fumetti, sempre. Ma fumetti di supereroi.
Massimo divenne un cultore anche di questo genere e arrivò a parlare un inglese praticamente perfetto, proprio grazie alla lettura in originale dei fumetti americani.
Mi ricordo che fu lui, all’epoca della saga della morte di Superman, a spiegarmi il significato dell’acronimo RIP, del quale io ignoravo incredibilmente l’esistenza.
Massimo, però, non parlava. Massimo urlava. Ho sempre sospettato che avesse qualche problema di udito, perché in mezzo alle strade del paese mi aggrediva parlandomi di quella e quell’altra saga, non capendo perché io preferissi i fumetti francesi a quelli di supereroi, che pure io stesso leggevo.
L’ultima volta che vidi Massimo fu in pieno centro a Reggio Emilia. Io in giacca e cravatta e lui con la maglietta dei Simpson, che mi arringava – urlando, ovviamente – sul perché in quel momento preferisse i personaggi di Matt Groening a qualsiasi altra cosa. Si diceva deluso dalla Rinascita degli Eroi e non perdeva l’occasione di significare il suo apprezzamento a tutte le ragazze che ci passavano a fianco, mettendo il sottoscritto – da sempre molto riservato – in grande imbarazzo.
Era uno dei pochi che in gioventù mi chiamasse Andrea e io credo fossi l’unico a non chiamarlo Bocce, il suo soprannome che ne abbreviava il cognome.
Massimo Bocce è morto ormai dieci anni fa, in un incidente stradale, nel quale era totalmente incolpevole, investito a venti metri da casa da un anziano troppo anziano per poter avere una patente di guida.
Massimo anche due notti fa è venuto a trovarmi – lo fa regolarmente – e mi sembra che voglia parlarmi di fumetti. Ma soprattutto sembra che si interroghi su cosa ci faccio io in una casa editrice che pubblica supereroi e manga e ho sempre l’impressione che mi urli: “ma a te non piacevano i fumetti francesi?...”

Andrea Rivi

1 commento:

Marco M. Lupoi ha detto...

Ma Andrea, non ti sapevo sottile blogger... complimenti